Open/Close Menu Tutte le persone sono uguali di fronte alla legge. Un buon avvocato è quello che fa la differenza.

Negli ultimi anni si è avuta una notevole evoluzione nella considerazione dell’animale, passato da essere considerato un mero bene giuridico oggetto di diritti ad essere ritenuto un soggetto di diritto. Più specificatamente, la Corte di Cassazione, con sentenza n. 20934 del 2017, ha sancito che l’animale è da ritenersi un essere vivente dotato di una propria sensibilità psico-fisica ed in quanto tale meritevole di tutela.

Tale evoluzione normativa è stata promossa a partire dalla legge n. 189 del 20 luglio 2004, che ha introdotto nel Codice Penale il titolo IX bis, volto a punire la nuova categoria dei “delitti contro il sentimento degli animali”. Si è trattato di una vera e propria rivoluzione di pensiero, dato che in precedenza la tutela degli animali avveniva solo in rapporto alla difesa degli interessi dei loro proprietari, essendo considerati oggetti e non soggetti di diritto.

A seguito di ulteriori modifiche, questo titolo IX bis oggigiorno punisce varie tipologie di reati, tutti perseguibili d’ufficio o su querela di parte.

Anzitutto, l’art. 544 bis c.p. punisce l’uccisione degli animali eseguita con crudeltà e senza necessità. Un articolo con il quale, ad esempio, si è punita la caccia di frodo in zone, tempi e con modalità vietate dalla legge (Cass. n. 35536 del 2017). La pena è dai quattro mesi ai due anni di reclusione, evitabili grazie al meccanismo della sospensione condizionale.

Inoltre, l’art. 544 ter c.p. persegue con una pena tanto detentiva quanto pecuniaria il maltrattamento contro gli animali. Più specificatamente, per maltrattamento si intende la condotta di chi provoca ad un animale, senza necessità o per crudeltà, una lesione oppure lo sottopone a sevizie o a comportamenti, fatiche o lavori insopportabili per le sue caratteristiche naturali. Si ha maltrattamento anche qualora si somministrino sostanze stupefacenti o vietate oppure li si sottopone a trattamenti che procurano un danno alla salute.

Ad esempio, costituisce concretamente un maltrattamento la condotta di chi recide ad un animale le corde vocali o gli taglia la coda o le orecchie, come accadeva per motivi estetici con alcune specie di cani. Invece, la sterilizzazione ad oggi non è ancora considerata un maltrattamento.

Il maltrattamento degli animali sussiste anche in situazioni quali il tenere lo stesso, per periodi considerevoli di tempo, in isolamento, legato in uno spazio angustamente circoscritto, senza cure igieniche né somministrazioni alimentari e senza un’adeguata protezione dalle intemperie (Cass. n. 8036 del 2018).

La pena per il maltrattamento è, secondo i casi, la reclusione da tre mesi a diciotto mesi o la multa da 5.000 a 30.000 euro.

L’art. 544 quater vieta altresì gli spettacoli e le manifestazioni che comportino sevizie o strazio per gli animali, mentre l’art. 544 quinquies proibisce i combattimenti tra gli animali. L’art. 544 sexies prevede poi tutta una serie di pene accessorie a tutti i reati visti, consistenti nella confisca dell’animale e nella sospensione da tre mesi a tre anni dell’attività di trasporto, di commercio o di allevamento di animali.

In particolare, chi commette tali reati potrebbe essere chiamato anche a risarcire un’associazione costituita a tutela dei diritti degli animali in caso di condanna. Infatti, la Corte di Cassazione ha chiarito che, nei reati contro il sentimento per gli animali, possono esercitare i diritti e le facoltà attribuiti alla persona offesa tutti quegli enti e associazioni alle quali sono state riconosciute le finalità di tutela degli interessi lesi con il reato. Tali associazioni divengono pertanto portatrici di una posizione di diritto soggettivo che le legittima a chiedere il risarcimento dei danni derivanti dalla violazione della legge penale. Ciò purché esse siano state riconosciute secondo la procedura stabilita con decreto del ministero della salute anteriormente alla commissione del reato (Cass. n. 28071 del 2018) o purché, anche essendo associazioni non riconosciute, abbiano per finalità statutaria la protezione della categoria di animali effettivamente lesa e vi sia una forma di collegamento territoriale tra l’associazione e il luogo in cui l’interesse è stato leso (Cass. n. 4562 del 2017).

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