Per difendersi dallo stalking è possibile scegliere di attivare la tutela penale anche in congiunzione con la misura cautelare del divieto di avvicinamento. Risulta opportuno agire in fretta, onde evitare il peggiorare della situazione fino a situazioni purtroppo estreme.
Lo stalking è un dramma che affligge quotidianamente troppe persone, soprattutto donne ma anche maschi, rovinando loro la vita. Il significato di questa parola, che deriva dall’inglese “to stalk” e significa “inseguire”, rende bene il senso di soffocamento che deriva dalla paura di sentirsi costantemente braccati da persone che vorrebbero farci male.
Più precisamente, lo stalking è quell’insieme di condotte reiterate nel tempo con le quali chiunque può minacciare o molestare qualcuno, producendo il sorgere di uno stato di ansia o una paura grave e perdurante, oppure ingenerando un timore fondato per la propria incolumità personale, per quella di un prossimo congiunto o di una persona cui si è affettivamente legati, oppure infine costringendolo ad alterare le proprie abitudini di vita per sfuggire a tali minacce e/o molestie.
Si tratta, dunque, di un delitto odioso, che non solo mette a rischio potenzialmente la vita e la salute di una persona, ma la priva sostanzialmente della libertà di scegliere e vivere una vita normale come tutti gli altri. Proprio per questo, la Corte di Cassazione ha ritenuto configurassero stalking anche condotte che non necessitano la presenza fisica dell’autore del reato (Cass. 32404 del 2010). Questo è il caso delle ripetute telefonate (Cass. 42146 del 2011), nonché l’invio di lettere, sms, e-mail, messaggi tramite internet e la pubblicazione di post e video a contenuto ingiurioso, sessuale o minaccioso sui social network (Cass. 14997 del 2012).
La pena prevista per lo stalking è della reclusione da sei mesi a cinque anni, salvo che il fatto criminoso commesso costituisca un reato più grave dello stalking. In questo ultimo caso, il criminale viene punito con la maggior pena prevista per il reato più grave.
I casi concreti mostrano che questo delitto è commesso solitamente da persone che hanno od hanno avuto un rapporto personale con la vittima. Infatti, se il fatto è commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla vittima la pena viene aumentata. D’altra parte, il rischio dello stalking su commissione, cioè commesso da persone totalmente estranee alla vittima che operano per conto di un terzo, ha indotto il legislatore a rendere punibile del reato chiunque e non solo persone legate da un rapporto stretto con la persona offesa.
La persona che decide di querelare può mettersi in una condizione di relativa sicurezza facendo prendere dal proprio legale gli opportuni accorgimenti. Ad esempio, la vittima può chiedere e ottenere l’applicazione della misura cautelare personale del divieto di avvicinamento. Trattandosi di una misura cautelare, essa trova applicazione all’inizio del processo e prima che si arrivi a sentenza, di modo tale da intervenire a prevenire la reiterazione del reato di stalking e da mettere la vittima in condizione di affrontare serenamente la fase processuale della controversia. Più specificatamente, con il divieto di avvicinamento il giudice ordina all’indagato/imputato di non avvicinarsi a determinati luoghi abitualmente frequentati dalla vittima, dai suoi prossimi congiunti, dai suoi conviventi e/o da persone legate ad essa da relazioni affettive oppure gli impone di mantenere una determinata distanza da tali luoghi e/o persone. Se, per motivi di lavoro o esigenze abitative, l’indagato/imputato è costretto a frequentare tali luoghi, il provvedimento del giudice prescrive specifiche modalità e limiti di frequentazione degli stessi. Il giudice può altresì vietare all’indagato/imputato di comunicare con qualsiasi mezzo con le predette persone.