I diversi tipi di mobbing mettono il lavoratore in una condizione di inferiorità generatrice di ansia e frustrazione, dalle quali può sottrarsi agendo in via processuale per ottenere la cessazione delle condotte persecutorie e il risarcimento del danno.
Purtroppo, spesso il mondo del lavoro non è, come dovrebbe, un luogo dove conta unicamente il merito e dove è possibile dare il meglio di sé in un clima sereno, con conseguente beneficio sia personale sia per l’azienda. Capita anche piuttosto frequentemente di assistere a situazioni di mobbing o di trovarsi proprio malgrado a esserne vittime.
Può essere molto difficile difendersi dal mobbing, dato che esso è un insieme di comportamenti persecutori protratti nel tempo che portano gradualmente all’emarginazione della vittima entro il luogo di lavoro. Chi ne è colpito si trova dunque privato di appoggi e ridotto ad una sorta di pariah sociale, costantemente oggetto di violenza psichica, ostracismi, calunnie e tentativi di umiliazione professionale. Ciò può produrre traumi psicologici, portando chi lo subisce a provare fobie, ansia, frustrazione ed insicurezza.
Ci sono tre tipi di mobbing che si possono sperimentare a seconda della propria posizione e situazione.
Anzitutto, il mobbing verticale è il frutto delle vessazioni perpetrate da un superiore gerarchico nei confronti di un sottoposto: in tal caso la possibilità di opporsi o di prevenire simili condotte è resa difficile o impossibile in ragione del rapporto di forza tra i due soggetti, completamente sbilanciato a favore del capo di turno. Il mobbing in questi casi può consistere nella preclusione di privilegi aziendali solitamente riservati ai vari dipendenti, nell’esclusione dagli incontri con il personale o i clienti, nel tenere nascoste solo a specifiche persone le informazioni che vengono condivise in società, nel ridimensionamento di fatto del ruolo aziendale e nel demansionamento, che consiste nel far svolgere funzioni giudicate di poco conto in luogo a quelle precedentemente svolte. In questi casi, le ragioni del mobbing possono essere, ad esempio, la volontà di creare un capro espiatorio per problematiche di cui altrimenti il capo dovrebbe rispondere personalmente ai propri superiori od anche il rifiuto di un approccio di carattere sessuale. In ogni caso, il fine ultimo del mobbing verticale è quello di aggirare le norme sui licenziamenti, inducendo la vittima ad andarsene.
Inoltre, sta diventando estremamente comune il mobbing orizzontale, cioè il mobbing attuato da un insieme di colleghi nei confronti di uno di loro di pari livello. La difficoltà nell’affrontare e denunciare tali situazioni è dovuta al fatto di trovarsi contro a un gruppo, che può ricorrere facilmente a menzogne e seminar zizzania. Questo tipo di mobbing è spesso motivato da ragioni di carattere personale, quali forme di antipatia o specialmente invidia nei confronti della vittima, o da rivalità professionali nei confronti di un collega giudicato pericolosamente competente. Il fine ultimo del mobbing orizzontale può tanto essere l’impedire al rivale di far carriera a proprie spese, quanto ottenere un futile senso di autogratificazione di gruppo attraverso il potere che illecitamente si esercita sugli altri.
Infine, c’è il caso raro del mobbing dal basso, in cui chi si trova in posizione di responsabilità è fatto oggetto di iniziative da parte di un gruppo di sottoposti che hanno come scopo di lederne la reputazione e minarne l’autorità. Tale fenomeno è relativamente frequente nei casi di crisi aziendali, specie qualora la vittima sia subentrata di recente e venga additata come capro espiatorio di problematiche già presenti. Può capitare inoltre che questo tipo di mobbing sia motivato da invidia nei confronti di una persona che è stata promossa partendo da una posizione di pari livello o inferiore rispetto al gruppo che pratica il mobbing. In tal caso, gli ex colleghi, ora sottoposti, non accettano di sentirsi “superati” dal nuovo arrivato, che desiderano “punire” ricorrendo a calunnie, zizzania e cattiverie.
Colui che intende difendersi dal mobbing può ricorrere ad un’azione giudiziaria volta non solo a far cessare tali comportamenti, ma anche a ottenere una sentenza di condanna dei danni subiti. Tali danni sono sia materiali che morali. I primi coprono le incidenze negative sulla propria sfera economica dovuti al mobbing quali le spese mediche e le visite specialistiche sostenute per effetto delle problematiche psicofisiche che il mobbing comporta, nonché il mancato guadagno dovuto all’impedito avanzamento di carriera, alla compromissione della reputazione e immagine professionali, eccetera. I danni morali, invece, risarciscono la vittima delle sofferenze, del peggioramento delle condizioni di vita quotidiana e della lesione alla salute psicofisica frutto delle condotte persecutorie.